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Gianandrea Noseda interprete colto e versatile PDF Stampa E-mail

Il Corriere Musicale
Martedì 6 settembre 2011

Due successi pieni per Gianandrea Noseda a distanza di pochi giorni, a MiTo e allo Stresa Festival.
Martedì 30 agosto ha diretto la Filarmonica della Scala a Stresa ... in occaiosne di un concerto che si è aperto con la weberiana Ouverture dal Freischütz: ben assecondato dalla compagine scaligera in gran forma, e potendo contare su ottime prime parti, Noseda ne ha dato una lettura magnetica che poneva in evidenza la superba strumentazione e più ancora i lati inquitanti - gli enigmatici rintocchi di timpano, i richiami boscherecci dei corni il mistero della notte le allusioni all'universo demoniaco - salvo poi "illustrae" il lato solare, aprico di tale fortunata Ouverture, laddove volge verso lidi ossequiosi alle maniere italiane con quel tema smaccatamente rossiniano che la suggella in un clima di festosa ed estroversa esuberanza.
Ma il clou della serata è stata l'Ottava di Dvořák. Noseda ne coglie molto opportunamente l'aspetto ottimistico, la grazia soave, talora appena venata di quella malinconia tipicamente slava che la pervade da cima a fondo e che di Dvořák è un vero marchio di fabbrica. Già a partire dal primo tempo, tutto scorreva liscio, emanando quella giovialità che dell'Ottava è la cifra di fondo. Molta tenerezza nell'Adagio, carezzevoli seduzioni nell'Allegretto, grazie ai bei fraseggi ed alla cura minuziosa dei particolari e poi l'esuberante allure del Finale, avviato dalla celebre fanfara, giù giù sino alle bonarie reminiscenze turchesche di un altro celebre passo. Noseda - gesto ampio e grandi capacità comunicative - ha forse ecceduto un pizzico, a nostro avviso, nelle sonorità del Finale, per l'appunto, risultando qua e là un poco sopra le righe, iper energetico ancorché di indubbio fascino.
Bene anche il Primo Concerto di Beethoven che campeggiava a metà serata e che ha potuto avvalersi dellinterpretazione dell'ottimo Leif Ove Andsnes: Noseda ... deve aver curato a lungo anche la concertazione del Concerto, e lo si sentiva, dalla minuziosa e cesellata precisione di mille particolare presiosi (per dire, quegli spostamenti d'accento nel brillante Rondò che lo rendono così arguto) sicché la sintonia tra orchestra e solista risultava davvero apprezzabile. Inoltre Noseda e Andsnes mostrano di avere la stessa idea interpretativa del Concerto, lontana dai manierismi di certe interpretazioni che fanno di tale pagina un calco mozartian-haydiniano e, per contro, lontani anche dalle esagerate e inopinate iniezioni di Romanticismo ante-litteram che in certi casi finiscono per approssimarlo troppo all'ultimo Beethoven. Insomma, misura ed equilibrio caratterizzavano l'interpretazione, von un intenso tempo lento in cui Andsnes ha potuto rivelare le sue doti di raffinato interprete: ha poi regalato come bis una celebre pagina chopiniana. Personalmente avremmo preferito una linea di metronomo in più nel primo tempo fin troppo pacato (ma è un dettaglio) mentre per contro abbiamo assai apprezzato la brillantezza pimpante (ma non nevrotica, come in talune interpretazioni) dello scorrevole Rondò.
Appalusi convinti e prolungati.

Attilio Piovano

 

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