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Largo al factotum... PDF Stampa E-mail

Rossini tra la carta da musica e i fornelli. Osannato, negli anni del successo, dal pubblico di mezza Europa ed inseguito dagli impresari, ossessionato da fantasie culinarie nel lungo periodo della malattia nervosa, per tutta la seconda parte della vita, dal 1829 al 1868.
Forse il compositore che sfornava compulsivamente opere su opere era lo stesso uomo ingrassato incapace di portare a termine lo Stabat Mater. La pigrizia senile era solo l’altra faccia dell’iperattività giovanile. Il Barbiere di Siviglia fu composto in meno di venti giorni. Una trama ben nota, grazie alla fortunata opera di Paisiello del 1782, ed una musica vertiginosa, che precipita follemente verso la fine. Fin dall’ouverture, riciclata con disinvoltura dall’Aureliano in Palmira, attraverso Elisabetta, regina d’Inghilterra.
Dopo il Barbiere tutti parlano di Rossini, compresi Mazzini e Leopardi. Come Figaro tutti lo chiedono, tutti lo vogliono. Anche Beethoven, il quale – si dice – salutò il Pesarese, al termine dell’incontro del 1822, con le parole «soprattutto, molto Barbiere». Due anni dopo Hegel confessa di trovare il Figaro rossiniano «molto più attraente di quello di Mozart». Quasi se ne vergogna, il sommo filosofo! Le arie di Figaro e di Rosina corrono su tutte le bocche. E pensare che la sera del debutto, il 20 febbraio 1816 a Roma, Teatro Argentina, l’opera venne fischiata. Ma già alla prima replica l’irruente Largo al factotum e la capricciosetta Una voce poco fa presero il volo.
Una rivoluzione? In realtà la vis comica del Barbiere, «effervescente come uno champagne di gran marca», come scrisse Massimo Mila recensendo nel 1969 una rappresentazione scaligera diretta da Abbado, non crea pericoli all’ordine costituito. È un agitarsi a vuoto. Un fuoco artificiale di note, un crescendo irresistibile che stordisce l’ascoltatore. Conservatore in politica (nel 1823 scrisse per il Metternich una cantata dal titolo La Santa Alleanza), Rossini era un conservatore anche in estetica. Leggerezza nell’emissione, verve ritmica, ripetizione ossessiva di un motivo in crescendo. E poi i travestimenti, il giovane che ruba la fanciulla al vecchio, tutti gli artifici del vecchio teatro comico rispolverati e chiamati a nuova vita. Il Barbiereè un perfetto meccanismo teatrale. Per questo ha conservato la sua forza per quasi duecento anni. Nello spazio libero e intatto del teatro le storie e i personaggi non invecchiano. Paradossalmente perché sul palcoscenico la vita è ridotta a un puro gioco di maschere.

Luca Segalla