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Virtute e Canoscenza - Boccardi PDF Stampa E-mail
Virtute e Canoscenza è un bel titolo. Richiama un passo della Divina Commedia di Dante (Inferno canto XXVI, vv. 116-120) ove si narra il folle viaggio di Ulisse oltre le colonne d’Ercole, alla ricerca di terre sconosciute. Significa cercare oltre le apparenze: «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza».
La polifonia fiamminga del XV e XVI sec. è un territorio ancor oggi poco conosciuto. Nasconde degli enigmi – di numeri, simbologie, artifici retorici e contrappuntistici, che, se sciolti opportunamente (cosa che Walter Testolin e il gruppo De labyrinto – nome emblematico! – cercano di risolvere da una ventina di anni, consente nuove e più corrette modalità interpretative. Perché la musica rinascimentale, più della successiva del periodo barocco, si dà con discrezione: è spesso consegnata a un’elite d’intenditori quali erano i circoli ristretti dell’aristocrazia e del clero.
Il mottetto Nuper rosarum flores di Guillaume Dufay nasce, infatti, come musica reservata (o musica secreta), anche se destinata a un’occasione pubblica straordinaria: la consacrazione della cupola del Brunelleschi di Santa Maria del Fiore a Firenze. Era il 25 marzo 1436, festa dell’Annunciazione. Il rito era officiato nientemeno che dal papa Eugenio IV. Un cronista dell’epoca, l’umanista Giannozzo Manetti così descrive la cerimonia: «si sentivano suonare gli strumenti in maniera [...] allegra e soave [...]. Al momento dell’elevazione la basilica tutta intera risuonò di sinfonie così armoniose, accompagnate dal suono di diversi strumenti, che si sarebbe detto che il suono e il canto del paradiso fossero scesi dal cielo sulla terra». Del “segreto” nascosto nelle pieghe della partitura del mottetto non un cenno. Lo si sarebbe scoperto, dopo!... Il mottetto “imitava” i rapporti numerici della sezione aurea applicata dal Brunelleschi alla cupola. Quattro strofe inanellate dal cantus firmus intrecciano ghirlande di rose offerte a te Vergine celeste / dono pontificale / contro l’aspro invernoOggi il vicario di Cristo e di Pietro, il successore Eugenio, / con le sue mani sacre e i santi liquori / consacra questo amplissimo tempio.
L’omaggio alla Vergine costituisce il filo conduttore anche per gli altri mottetti.
Il grande Johannes Ockeghem, probabile maestro di Josquin che lo compiange nella Deploration di Nymphes des bois (si veda l’ultimo numero in programma), intona Alma Redemptoris Mater, un mottetto il cui testo è una delle quattro antifone che la chiesa cattolica ha dedicato a Maria (Le rimanenti sono: Alma Redetoris Mater; Ave, Regina Coelorum e Salve Regina): O santa madre del Redentore, tu che sei porta del cielo e stella del mare soccorri il tuo popolo che anela a risorgere.
Similmente Antoine Brumel intona, in uno stile tendenzialmente omoritmico, il suo mottetto Mater Patris et filia che fin dall’inizio ricorda la sublime invocazione di Dante (Paradiso, XXXIII Canto) «Vergine Madre, figlio del tuo figlio». Brumel fu cantore a Notre-Dame de Chartres, lavorò a Ginevra (fino al 1492), poi a Parigi (fino al 1500). Sei anni dopo era a Ferrara come maestro di cappella di Alfonso I d’Este. Mater patris et filia, / Mulierum lætitia, / Stella maris eximia, / Audi nostra suspiria… (O Madre figlia del tuo figlio, stella splendente del mare, scolta i nostri sospiri).
O genitrix gloriosa… (O gloriosa madre, splendida madre di Dio, accogli il verbo divino che ti fu annunciato dall’angelo. Beata vergine di luce, davvero partorirai un figlio, lo porterai dentro di te)… Così canta il mottetto di Loyset Compère che potremmo immaginare eseguito a Milano, nella cappella del Castello Sforzesco, per la quale in un breve periodo egli lavorò. Della stessa generazione di Josquin Des Prez, Compère fu forse uno dei primi musicisti fiamminghi a risentire, particolarmente nei mottetti e nelle canzoni (nota fra queste la spiritosa Scaramella) dello stile rinascimentale italiano, che semplifica in funzione espressiva il del tessuto polifonico.
Fa eccezione al tema mariano il mottetto a cinque voci Vidit Jacob scalam di Thomas Crecquillon), musicista fiammingo pressoché sconosciuto, benché autore di una dozzina di messe, di un centinaio di mottetti e di moltissime chansons. Nei suoi lavori si avverte una scorrevolezza armonica e melodica che prefigura lo stile polifonico di Palestrina. Nel mottetto la “Scala di Giacobbe” è raffigurata da note contigue che salgono e scendono (scale musicali, appunto). Sulla sillaba accentata della parola tangebat (Summitas eius coelum tangebat) il compositore pone la nota più alta del brano.
Il mottetto Nigra sum di Jean Lheritier illustra invece un passo del Cantico dei Cantici per tradizione concepito come omaggio alla Vergine (testo musicato da Palestrina, Monteverdi ecc.).
Il programma si chiude con quattro mottetti del grandissimo Josquin des Prez, in cui si celano alcune simbologie… Scrive Walter Testolin «Illibata Dei virgo nutrix nasconde nei capoversi l’acronimo del compositore, probabilmente autore anche del testo. Ut Phœbi radiis è invece una sorta di rompicapo: tutto fa pensare che sia stato composto per qualche particolare avvenimento legato all’ordine del Toson d’oro fondato da Filippo il Buono, duca di Borgogna; il testo è ermetico, e nasconde, attraverso l’assegnazione di cifre alle sillabe, alcuni non sense come “ta” e “na” ecc. Altra particolarità ermetica riguarda la celebre Deploration sur la mort d’Ockeghem in cui 64 note compongono il finale “Requiescat in pace”: esse rappresentano la cifra che si ottiene sommando secondo i criteri della ghematria le lettere che formano il nome “Ockeghem”, quasi a dire “Ockeghem requiescat in pace”».

Sandro Boccardi