Meravigliose magnificenze d’ottoni Stampa
Spettacolarità sonore, direttamente dalla Cattedrale di San Marco di Venezia. Le conosceva bene Giovanni Gabrieli (Venezia, 1557 - Venezia, 12 agosto 1612), organista della Serenissima, che ebbe il privilegio di sperimentare i grandiosi effetti stereofonici ottenuti dalla particolare disposizione a due dei cori battenti, che nelle cantorie della Cattedrale si accomodavano l’uno di fronte all’altro. Giochi di risonanze divenuti patrimonio anche della sua musica strumentale, così apprezzabili nei riverberi, nelle imitazioni, nei brillanti squilli della Canzone per Sonare n. 4, tratta dalle Canzoni da sonar con ogni sorte de istrumento del 1615. Qui la sensibilità alla magnificenza è espressa in una polifonia in cui le parti fioriscono in un contrappunto imitativo in cui la melodia letteralmente si avvinghia e si attorciglia teneramente come l’edera. Non stupisce perciò, sul suo genio, il giudizio di Heinrich Schütz che lo conobbe direttamente: «Andai a trascorrere i primi anni di apprendistato della mia arte presso il grande Gabrielli, oh dei immortali! Se l’antichità, così ricca d’espressione, l’avesse conosciuto, l’avrebbe messo al di sopra di Anfione e se le muse prendessero marito, Melpomene non avrebbe voluto altro sposo che lui, tanto è grande nell’arte del canto».
Di Georg Daniel Speer (Breslavia, 2 luglio 1636 - Göppingen, 5 ottobre 1707), tedesco del periodo barocco, Die Bänkelsängerlieder (1685), Sonata per fiati dal Musikalisch-türkischer Eulenspiegel, appartiene a quel genere di musiche d’occasione per gruppo strumentale che ebbe larga diffusione e fece notevole fortuna editoriale all’epoca. All’ascolto la crepitante brillantezza della linea melodica, periodicamente ripresa dalle successive citazioni degli strumenti dell’ensemble, crea una splendente aura sonora di particolare efficacia che cattura amabilmente l’orecchio.
Di Johann Sebastian Bach (Eisenach, Turingia 1685 - Lipsia 1750) ecco poi due perle straordinarie, il Preludio e fuga in do minore e la celeberrima Toccata e fuga in re minore, due autentici evergreen in cui la forza e la vitalità tecnica si sposano con la bellezza del contenuto, due opere in cui l’ispirato Kantor sviluppa al massimo grado la sua inimitabile vena creativa. Questa brillantezza, questo stile improvvisativo controllato dal rigore e dalla disciplina, sono molto realisticamente descritte dal primo biografo ufficiale bachiano, Johann Nikolaus Forkel, quando con efficacia fotografa un giovane Bach al lavoro: «[gli piaceva] correre lungo la tastiera e saltare da un capo all’altro di essa, premere con le dieci dita quante più note possibile, e proseguire in questo modo selvaggio fino a che per caso le mani non avessero trovato un punto di riposo». Una foga ed una vitalità qui perfettamente rese dalla trasposizione per strumenti a fiato.
Con un salto in avanti di quasi due secoli andiamo alla musica del poeticissimo Quintett di Michael Kamen (New York, 15 aprile 1948 - New York, 18 novembre 2003). Kamen, compositore, musicista e direttore d’orchestra statunitense, ha firmato alcune delle più belle colonne sonore cinematografiche come Paura e delirio a Las Vegas, X-Men e Brazil. Ma ha collaborato anche con alcune delle maggiori star pop e rock come David Gilmour dei Pink Floyd, i Queen, Eric Clapton, gli Aerosmith, David Bowie, gli Eurythmics, Herbie Hancock, Bryan Adams, Sting e Kate Bush. In Quintett emerge una versione onirica, da sogno dell’amalgama dei fiati, che costruiscono le loro delicate melodie sopra un tappeto armonico caldo ed iridescente.
Dopo l’ascolto delle sublimi brillantezze e galanterie del Rondò per Corno di Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo, 27 gennaio 1756 - Vienna, 5 dicembre 1791), con l’Adagio di Samuel Osborne Barber (West Chester, 9 marzo 1910 - New York, 23 gennaio 1981) siamo trasportati dentro una visione sospesa, ammaliante e tetra ad un tempo. L’Adagio, che era originariamente un tempo del suo Quartetto per archi n. 1, composto nel 1936, fu trascritto poi per orchestra d’archi; in questa forma ottenne un grande successo e fu eseguito per la prima volta da Arturo Toscanini con l’orchestra della NBC il 5 novembre 1938 a New York. Per la stridente delicatezza delle armonie, per le dissonanze volutamente esibite, per la commovente linea melodica fu usato anche nel film Platoon di Oliver Stone per sottolineare i passaggi più intensi della pellicola.
Di Eugène Bozza (Nizza, 4 aprile 1904 - Valenciennes, 28 settembre 1991) è proposta Sonatina per fiati, nella cui magistrale partitura l’esibizione tecnica si unisce al caratteristico stile espressivo francese, mentre il nostro concerto si conclude con la brillante, avvolgente e sinuosa Danza Macabra di Charles Camille Saint-Saëns (Parigi, 9 ottobre 1835 - Algeri, 16 dicembre 1921).

Marino Mora