«Soli Deo Gloria»? Stampa
Johann Sebastian Bach è un’icona dell’arte dell’Occidente. Incarna il mistero della trascendenza in musica, come se la sua vicenda biografica fosse completamente assorbita dalla sua funzione di mediatore, attraverso i suoni, tra mondo sensibile e mondo ultraterreno. Spesso le opere bachiane sono state considerate un prodotto intellettuale e spirituale, sottratto alla contingenza e quindi – paradossalmente – alla necessità di un’esecuzione. Nell’Ottocento L’arte della fuga appariva come un mero studio sul contrappunto, destinato ad un ascolto solo interiore. «Soli Deo Gloria». «Soltanto per la gloria di Dio». La formula (SDG) che Bach apponeva a margine delle sue cantate ha alimentato il mito di una musica degli angeli, non corrotta dallo scorrere del tempo e della storia.
La stessa aurea di intangibilità sacrale avvolge le sei Suite per violoncello solo e le Sei Sonate e Partite per violino solo. Nessuno ha mai nutrito dubbi sulla loro eseguibilità, eppure nel panorama del primo Settecento appaiono come monoliti senza passato e senza futuro. L’elegante manoscritto autografo delle Sonate e Partite per violino è datato 1720, ai tempi in cui Bach era al servizio della corte di Cöthen, anche se probabilmente questi lavori risalgono a diversi anni prima. L’aspetto più sorprendente è l’assenza di modelli diretti, per quanto la letteratura violinistica del Seicento abbia offerto a Bach molti spunti sul piano tecnico e contrappuntistico. Non sappiamo nemmeno chi fosse il destinatario, dando per scontato che doveva trattarsi di un violinista fuori dalla norma; il candidato più gettonato è il celebre Johann Georg Pisendel, ma sappiamo che Bach, straordinario organista, era anche un eccellente violinista e forse la raccolta nacque per uso personale.
La questione è secondaria. In epoca romantica le Sonate e Partite erano già entrate nel novero dei capolavori assoluti. Il culmine della complessità virtuosistica e contrappuntistica è rappresentato dalla monumentale Ciaccona in chiusura della Seconda partita. La Ciaccona fu ammirata da Mendelssohn e Schumann, che ne approntarono una versione con accompagnamento pianistico, e fu trascritta per pianoforte da Brahms e Busoni. Qui il violino, strumento monodico, sembra sfidare le leggi della fisica producendo musica polifonica, ma questo avviene in realtà in tutte le Sonate e le Partite. «Soli Deo Gloria»? O una laboriosa ricerca sulle possibilità del contrappunto, nel segno della ragione e della matematica? È facile immaginare Bach assorto nella contemplazione dell’eterno, ascoltando l’Adagio della Sonata n. 1, con il suo incedere misurato e senza affanno. Eppure la musica di Bach si rivela, ad un ascolto attento, molto terrena e razionale. È una straordinaria costruzione matematica che richiede alla mente dell’ascoltatore di completare un contrappunto il più delle volte suggerito e non rappresentato. Una grande architettura sonora, un monumento all’ingegno umano e non soltanto un inno di lode a Dio.

Luca Segalla