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Sonate per violino PDF Stampa E-mail
di Angelo Foletto

Delle Six Sonates pour divers instruments - composées par Claude Debussy - Musicien français abbozzate agli inizi del 1915 ne videro la luce solo tre: violoncello, flauto viola e arpa (1916) e violino (1917). Furono pubblicate con l’identico frontespizio disegnato su modello delle stampe francesi del Settecento e offerte en hommages alla moglie Emma-Claude Bardac. La Sonata per violino fu eseguita a Parigi il 5 maggio 1917, protagonista Gaston Poulet: al pianoforte c’era il compositore. Nel febbraio 1916 della Sonata per violino erano già scritti i primi due movimenti ma il lavoro fu concluso a pochi giorni dal battesimo parigino; per il terzo ci vollero diverse rielaborazioni prima che l’autore si decidesse a favore di una conclusione singolare «giocando su un semplice tema che torna su se stesso, come il serpente che si morde la coda»: come un finale che non trova finale.

Terza e ultima esperienza del genere e composta nel biennio 1886-87, la Sonata in do minore op. 45 fu presentata a Lipsia da Grieg col violinista russo Adolf Brodsky nel 1887. La rinuncia a procedere secondo la struttura della forma-sonata è evidente fin dall’inizio: libere associazioni melodiche guidano il discorso musicale che fluisce attraverso immagini di carattere espressivo contrastanti, quasi improvvisative. Non mancano elementi dal sapore “nazionale”: spunti fugacissimi, e particolarmente evidenti nei ritmi stilizzati di danza popolare nordica nella sezione centrale (Allegro molto) del secondo movimento. Il pezzo è esuberante negli slanci e negli squarci cantabili affidati al violino, sostenuti dai vigorosi arpeggi del pianoforte: gli strumenti sono vincolati in un discorso dialettico continuamente rinnovato e perfettamente rispondente all’impiego di una trama armonica che, secondo il gusto d’autore, predilige accostamenti di accordi senza immediati legami funzionali.

Composta nell’estate del 1886, rappresenta il capolavoro della musica da camera francese dell’Ottocento. Per una riprova dell’influsso esercitato dalla Sonata sul mondo intellettuale francese a cavallo del secolo basta ricordare che il suo insinuante tema di testa è considerato la fonte per la proustiana petite phrase della Sonate di Vinteuil: «aveva distinto con nettezza una frase che per qualche secondo s’innalzava sopra le onde sonore» (Du côté chez Swann, Parte II). La Sonata si sviluppa secondo il principio ciclico applicato anche alla Sinfonia in re minore e fondato sulla trasformazione della stessa idea tematica: il disegno d’avvio dell’Allegretto ben moderato viene esposto dal violino in un lusingante ritmo di 9/8, per poi ricomparire nei vari movimenti, trasformato nel ritmo e nella tornitura melodica. Così un semplice intervallo di terza diventa il nucleo generatore dell’intero lavoro che si articola in quattro movimenti, con un monumentale Recitativo-Fantasia, in terza posizione, che svolge il ruolo di magnifico e imprevedibile movimento lento.

Concepita nel 1924 (insieme all’opera L’enfant et les sortilèges), Tzigane è definita «Rapsodia da concerto», o meglio «morceaux de virtuosité dans le gout d’une rhapsodie hongroise», secondo la dicitura dell’abbozzo autobiografico del 1928. Tzigane si ispira ai grandi violinisti del XIX secolo (Wieniawski e Sarasate, in particolare) ma gioca pittorescamente sui fondamenti della tecnica paganiniana e si impone per una scelta timbricamente bizzarra: l’accompagnamento in origine era affidato al piano-luthéal, una sorta di pianoforte “preparato” inventato nel 1919 da Georges Cloëtens che poteva imitare le sonorità del cymbalum tzigano, cioè sia l’effetto della corda percossa (propria del pianoforte) sia quello della corda pizzicata (tipica dello strumento popolare ungheresi). La rivisitazione di ritmi magiari, al di là del colore d’accompagnamento, è esplicita. Nell’atmosfera sottesa a ogni frase, nella brillantezza di fondo dell’impianto costruttivo, nella vertiginosa cadenza iniziale che offre all’esecutore un’occasione di plateale affermazione solistica, nel serrato ritmo di danza della seconda parte; secondo la caratteristica abilità di Ravel, «più zingaro di uno zingaro» (Vladimir Jankélévitch).