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Siete qui: Home Festival Festival 2009 La parabola del liuto
La parabola del liuto PDF Stampa E-mail

di Sandro Boccardi

«Fra tutti gli stromenti musicali, quanto sia il liuto celebre e degno, non è alcuno per così dire mediocre e intelligente e versato che sia nella musica, il qual non sappia e conosca, sì per l’eccellenza e soavità della melodia, sia per la musicale perfettione…». Questo è l’elogio appassionato che Alessandro Piccinini (1566-1639), celebre liutista e compositore bolognese, scriveva in margine a una raccolta di suoi brani. Siamo a metà del Seicento, il momento più o meno del massimo splendore della musica liutistica…
Per arrivare a Weiss e Bach devono trascorrere quasi cento anni. La parabola del liuto, infatti, è lunga. Come quella della viola da gamba che lontanamente gli somiglia e ne condivide all’inizio il repertorio… Dal prototipo arabo – al oud significa legno, strumento di legno, dunque liuto – alla conquista a tappe successive fra il XIII e il XV secolo dell’Europa: Penisola Iberica, Italia (è nominato nel Decamerone del Boccaccia), Francia, Germania, Inghilterra; dal vertice della popolarità raggiunto nel Rinascimento (quanti angeli suonatori di liuto nei dipinti di Foppa, Melozzo, Gaudenzio Ferrari, Caravaggio) alla lenta inevitabile decadenza nel ’700: sì, proprio nel secolo di Bach e di Weiss. Ma attenzione: come per la viola da gamba il canto del cigno sarà innalzato a Versailles da Marin Marais, per il liuto è la figura straordinaria di Sylvius Leopold Weiss a coronarlo d’alloro, a rendergli l’ultimo splendido tributo.
Nato a Breslau (oggi Wroclaw, Breslavia in Polonia) nel 1686 (un anno dopo Bach), Weiss entra nel 1708 al servizio del Conte Carlo Filippo del Palatinato e inizia a comporre quella ponderosa opera omnia per liuto che raggiungerà il numero di237 intavolature manoscritte per liuto solo, di cui 26 suite fra composizioni oggi conservate a Londra e a Dresda. In totale, facendo un rapido e approssimativo calcolo dei singoli brani, un migliaio di pezzi: il più grande corpus musicale mai scritto per liuto. E senza aggiungere che mancano dal catalogo le pagine per liuto e altri strumenti andate definitivamente perdute. Un viaggio al seguito del principe polacco Alexander Sobieski porta Weiss in ltalia dove conosce Alessandro e Domenico Scarlatti… Nel 1717 è a Dresda alla corte di Sassonia, riverivo e ben pagato, dove incontra diverse volte Bach.
Che cosa unisce questi due grandi? Che cosa distingue lo stile di Bach da quello di Weiss? Probabilmente una diversa ricettività di quanto stava loro attorno. Il musicista di Lipsia, di cui altrettanto vasta la produzione, guardava il presente attraverso il passato; il liutista di Dresda il presente come proiezione del futuro. Quanto ai generi musicali, la suite e la partita, o la sonata intesa come insieme di brani scritti nella medesima tonalità d'impianto, generalmente sei, sono comuni ad entrambi. La suite e la partita sfoggiano una successioni di danze alla maniera francese.
Nel primo brano del programma, intitolato L'infedele – notare il titolo italiano – spicca il brano finale che allude a un ballo paesano. Direi che è una spia per lo stile di Weiss nella sua tensione generale: sottintende il desiderio di sperimentare il pittoresco, la galanteria, il rococò, insomma le novità che il futuro promette.
Le opere per liuto solo di Bach non fanno parte di nessuna raccolta omogenea, ma sono suite o brani sparsi di epoche diverse. Nessuna delle suddette opere venne scritta originariamente per liuto. Sono tutte trascrizioni o adattamenti di lavori scritti per altri strumenti; in alcuni casi adattamenti pensati dallo stesso Bach come Prélude, Fuga e Allegro in mi bemolle maggiore BWV 998, di cui pure esiste una versione per clavicembalo. Bach, del resto, scrive per la musica più che per un determinato strumento.
La Sonata in sol minore (trascrizione moderna della Prima Sonata per violino solo BWV 1001) nella veste originale quanto in quella derivata chiede all'esecutore una perizia non comune nell'affrontare posizioni tecniche inabituali e scomode sia sul violino sia sul liuto – ad esempio nella Fuga.
«Non senza fatiga si giunge al fine»: così Girolamo Frescobaldi all'inizio del '600 avvertiva l'organista e il cembalista. Mutato lo strumento, l'impegno resta; ma il traguardo è sempre quello della bellezza.