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Siete qui: Home Festival Festival 2013 La musica racconta, la musica danza, la musica incanta...
La musica racconta, la musica danza, la musica incanta... PDF Stampa E-mail

Má vlast non è solamente il lavoro sinfonico più noto di Smetana, ma anche il suo più ambizioso. Si tratta di un ciclo di sei poemi sinfonici composti tra il 1874 e il 1879 ed ispirati a mito e natura dell’amata Boemia. Šárka, il terzo della serie, racconta la leggenda dell’amazzone boema e della sua feroce vendetta perpetrata nei confronti dell’eroe Ctirad. Dopo essersi fatta legare ad un albero, Šárka persuade Ctirad di essere caduta in disgrazia presso le vergini guerriere, e lo seduce. Ma è un’imboscata: ad un convenuto segnale di corno Ctirad ed i suoi verranno massacrati senza pietà. Il poema sinfonico, incisivamente popolare, segue minuziosamente la vicenda narrata, e così, dopo l’introduzione concitata e la baldanzosa cavalcata dei cavalieri di Ctirad, ecco la scena del corteggiamento ingannevole e l’orgia bacchica seguite dalla rapida e drammatica conclusione.
Eseguito a Mosca nell’ottobre del 1901, ilConcerto per pianoforte e orchestra n. 2 resta il più popolare dei quattro composti da Serge Rachmaninoff. Esigente con il solista, a cui viene richiesta una tecnica trascendentale fatta di prontezza, agilità e potenza, il Concerto pone fine a quella fase di blocco creativo intervenuta dopo il flop della sua Prima Sinfonia. E non a caso è dedicato, forse un unicum nella storia della musica, ad uno psichiatra, Nikolai Dahl, che in quegli anni aveva curato il musicista con l’ipnoterapia. I celebri otto accordi che aprono il Moderato conducono ad un primo tema ampio e fluente, mentre il secondo, in mi bemolle maggiore, resta uno di quei gesti melodici memorabili e immortali. E che dire dell’Adagio sostenuto, il cuore emotivo del Concerto, concepito tra struggimento e nostalgia. Più battagliero il Finale che esibisce ancora una seconda idea tematica assolutamente irresistibile.
È nota la definizione che Wagner diede della Settima Sinfonia (1812), «apoteosi della danza», una definizione che influenzerà negli anni a venire la ricezione del capolavoro beethoveniano (ma è altrettanto vero che Weber dopo aver ascoltato la Settima vedeva Beethoven già pronto per il manicomio...). È indubbio che un po’ tutta la Sinfonia sia pervasa da una vitalità e da una esuberanza ritmica fuori dal comune e che contagiano al primo ascolto. Forse il solo Allegretto pare defilarsi da questa valutazione, ma è un’apparenza in quanto esso stesso è permeato da una scansione ritmica costante e ossessiva. Qualche contemporaneo lo aveva assimilato persino ad una dolorosa Marcia Funebre.

Massimo Viazzo