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Siete qui: Home Festival Festival 2013 L’opera in agguato
L’opera in agguato PDF Stampa E-mail

Lo Stabat Mater di Rossini è ricco di ispirazione e di sentimento, ma il tratto religioso – come è percepito e definito tradizionalmente – è espresso in maniera debole; nella partitura predomina piuttosto quasi una sensualità di impronta mondana e lo stile e l’espressione sono di carattere drammatico e teatrale. Con questo lavoro avviene il ricongiungimento del maestro con il genere sacro, dopo una Messa scritta in gioventù su commissione; i primi sei movimenti vedono la luce nel 1832 a Madrid, quando quarantenne si è ritirato già da tre anni dall’attività di operista, ma bisogna attendere la fine del 1841 perché l’opera venga ultimata a Parigi con altri quattro numeri (in sostituzione dei sei scritti da Tadolini nove anni prima, nel momento in cui l’autore aveva sospeso di comporre per motivi di salute). Nello Stabat Mater Rossini, se raggiunge pienezza d’espressione unendo stile severo, contrappuntistico e moderno stile operistico, conserva tuttavia l’astrattezza della sua poetica musicale: è musica sensibile alla parola, all’azione, sentimentale, ma soprattutto autonoma, in grado di assorbire in sé tutti i valori espressivi; dunque anche il genere liturgico nelle sue mani diventa teatrale, superando «la falsa estetica di una disciplinata e neutrale concezione della musica sacra» [Alberto Basso].
Nel marzo 1873, mentre a Napoli attende di iniziare le prove di Aida, Verdi compone il Quartetto in mi minore, a suo dire «per semplice passatempo», tanto che in seguito rifiuta a lungo di farlo eseguire in concerto. È convinzione del compositore che gli italiani abbiano maggior talento per il melodramma che per la musica da camera, congeniale invece agli esponenti della scuola viennese. In verità in queste pagine c’è davvero il Verdi operista, fin dal primo soggetto dell’Allegro iniziale, il quale ricorda l’elemento musicale che definisce la gelosia di Amneris nel primo atto di Aida; il terzo tempo, Prestissimo, evoca il “Balletto di Streghe” del Macbeth; il finale anticipa l’atmosfera sonora del Falstaff. Tuttavia il Quartetto, pregevole per forma e scrittura, rivela pure l’ottima conoscenza da parte dell’autore della musica da camera di Haydn, Mozart e Beethoven; Verdi stesso, benché non convinto del valore della partitura, era consapevole che non fosse musica vocale truccata, ma «un quartetto».

Monica Rosolen