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Siete qui: Home Festival Festival 2013 Il quintetto di fiati: avanguardia e tradizione
Il quintetto di fiati: avanguardia e tradizione PDF Stampa E-mail

La definizione formale e stilistica del quintetto di fiati inizia al tramonto del Settecento sulla via tracciata dall’Harmoniemusik della corte imperiale di Giuseppe II, la musica d’intrattenimento affidata ad un complesso costituito da coppie di strumenti a fiato. L’organico originario del Divertimento in si bemolle maggiore di Franz Joseph Haydn (1732-1809) è in effetti costituito da due oboi, due corni, tre fagotti e un serpentone: il timbro complessivo rende efficacemente tanto il carattere vivace dell’Allegro d’apertura quanto le tinte delicate del “Corale di Sant’Antonio” nell’Andante, il tono rustico del Minuetto e il ritmo danzato dell’Allegretto finale. All’inizio del XIX secolo, avvalendosi del perfezionamento tecnico che nel frattempo aveva interessato il suo organico, il quintetto di fiati si stabilizza nella forma tuttora tipica – un flauto, un oboe, un clarinetto, un corno e un fagotto – e nel Novecento diventa laboratorio per ardite sperimentazioni e allo stesso tempo forziere della tradizione, pur conservando il carattere giocoso della musica d’intrattenimento. Nelle Sei Bagatelle (1953) di György Ligeti (1923-2006), ad esempio, il quintetto di fiati trasfigura la forte sensibilità folcloristica, l’inquietudine ritmica e la malinconia dolente del compositore ungherese in sei momenti musicali di aforistica concentrazione. Nel segno della continuità e della tradizione si muove invece la produzione cameristica del prolifico Jean Françaix (1912-1997): il suo luminoso e arguto Quartetto per fiati sfoggia una scrittura densamente contrappuntistica e un’ampia tavolozza timbrica e dinamica. Nelle mani di Ferenc Farkas (1905-2000) il quintetto di fiati diventa nel 1959 strumento di riscoperta della musica antica. Racconta così le sue Antiche danze ungheresi del 17° secolo (Intrada, Lento, Danza delle scapole, Chorea, Saltarello): «Questa musica catturò la mia attenzione già negli anni ‘40. Ero così affascinato che ho deciso di dar loro nuova vita: […] ispirandomi all’armonia e al contrappunto del primo Barocco, ho tentato di restituire un’immagine dell’Ungheria provinciale barocca». Attraverso queste esperienze e arricchito da cromatismi, dissonanze ed elementi jazzistici, il repertorio per quintetto di fiati esplora territori sempre più vasti: incontra il tango, come nel trittico della Suite di Astor Piazzolla (1921-1992); approda infine ai nostri giorni con Praça da Matriz (Dobrado, Procissão, Feira), una composizione dal forte carattere del giovane compositore brasiliano Gustavo de Sà.

 

Laura Mazzagufo