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Il più bello dei mari… PDF Stampa E-mail

Mobile e inafferrabile, l’elemento liquido è a suo agio nel linguaggio dei suoni: la letteratura musicale trabocca di giochi d’acqua, fontane di Roma, giardini sotto la pioggia, scene presso il ruscello, flutti in tempesta.
Prima di sfociare nei mari perigliosi del XX e XXI secolo, seguiamo con il romantico Smetana il corso della Moldava. Composto nel 1874, secondo nel ciclo di sei poemi sinfonici La mia patria, concilia la fedeltà al programma con una chiara struttura formale. Un ascolto «contenutistico» individua facilmente la descrizione delle due sorgenti dalle quali a poco a poco prende forma il fiume, la caccia nella foresta, le danze della festa nuziale, la notte al chiaro di luna popolata di presenze fatate e memorie del passato, le rapide di San Giovanni, lo sbocco maestoso nella pianura, fino a Praga e al castello di Vyserhad. Perfetto l’equilibrio tra elementi coloristici e sviluppo tematico, sapientemente giocato sulle ambiguità modali del motivo principale.
I colori non mancano nella nuova composizione di Fazil Say, presentata in prima assoluta il 18 agosto 2013 al Festival di Gstaad, committente insieme al Festival del Mecklenburgo-Pomerania. Sorta di concerto per pianoforte e orchestra in tre movimenti, Water trova le sue tinte – acque azzurre, nere, verdi – nelle risorse del solista e della grande orchestra, ma anche in uno schieramento di percussioni insolite ed esotiche e in un’eclettica capacità di sposare Oriente e Occidente, tradizione e innovazione.
Il mare più inquietante fa da scenario al dramma di Peter Grimes, debutto teatrale di Britten nel 1945. Quattro dei sei interludi sinfonici dell’opera furono presentati in concerto nel 1949 come Four Sea Interludes e insieme alla Passacaglia, un altro degli interludi, formano una potente suite. I paesaggi marini sono metafore di stati d’animo e vicende interiori ed esteriori: l’aura grigia e opprimente del primo interludio e l’ossessione persecutoria della Passacaglia delineano la tragedia del protagonista.
A dispetto della fama di impressionista e dell’indubbia maestria timbrica, la grandezza di Debussy nei tre schizzi sinfonici La Mer, composti tra il 1903 e il 1905, è soprattutto nel rigore dei procedimenti costruttivi. Rigore nascosto tra le righe della partitura, mentre l’ascoltatore si abbandona a cangianti atmosfere sonore assai più allusive che realistiche. Perché in musica, come nella poesia di Nazim Hikmet così amata da Fazil Say, «il più bello dei mari è quello che non navigammo».

Marina Verzoletto