Passioni e... impressioni |
La prematura disapprovazione da parte del «professor» Nikolaj Rubinštejn non ha impedito al Concerto n. 1 in si bemolle minore, completato da Čajkovskij nel febbraio del 1875, di diventare uno dei lavori più amati dell’intero repertorio concertistico. L’incipit del movimento iniziale con la sua gestualità sfrontata, l’uso audacemente percussivo del pianoforte ed un memorabile tema ampio e viscerale che si impenna inarcandosi di continuo, immagine sonora dell’autore stesso (derivante a detta di alcuni commentatori dalla corrispondenza tra alcune lettere del nome del compositore con la denominazione delle note musicali nell’accezione tedesca) è di quelli che difficilmente si scordano. E la forma sonata sulla quale sono sagomati il primo e il terzo movimento resta più una traccia da disattendere che un modello da seguire: la passione deborda, i limiti (anche virtuosistici) si dissolvono, l’andamento si fa via via più rapsodico con l’impiego anche di qualche melodia popolare e il fatalismo čajkovskijano travolge e infiamma. Pure l’oasi serena dell’Andantino semplice, introdotta da una melodia elegante e suadente del flauto, viene inaspettatamente scalfita da un episodio rapidissimo in cui il cromatismo esasperato si fa straniamento. E nello scoppiettante Finale Čajkovskji riesce anche a denotare ciclicamente il Concerto rielaborando il materiale tematico dell’Introduzione che qui diviene secondo tema, per poi siglare il lavoro con una inconfondibile perorazione conclusiva. Massimo Viazzo |