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I misteri delle Sonate e Partite per violino solo di Bach PDF Stampa E-mail

Le Sonate e Partite per violino solo BWV 1001-1006 di Bach – nonostante siano avvolte da un alone di mistero sulla reale data di composizione, sul nome del fortunato virtuoso che le avrebbe suonate la prima volta, sul contesto nel quale le dovesse suonare e per le stesse modalità esecutive – rimangono tra gli splendori del repertorio violinistico con la loro forza magnetica che ha sempre affascinato il pubblico e che ha sempre catalizzato l’interesse di tutti i grandi solisti.
La successione alternata di Sonate e Partite ci fa pensare che Bach non le avesse concepite autonomamente, ma a coppie. Due mondi stilistici che vengono avvicinati: quello austero della “sonata da chiesa” italiana con l’impiego del severo contrappunto e quello leggiadro della “suite francese” con le sue danze. La Sonata n. 1 esordisce con un Adagio in forma di fantasia, segue una Fuga, mentre il terzo movimento è una Siciliana caratterizzata dal tono pastorale. Conclude la Sonata un Presto dagli agili passaggi virtuosistici. La Partita n. 1 si può definire sinteticamente come il tripudio della variazione. Ognuna delle quattro danze (Allemanda, Corrente, Sarabanda, Tempo di Borea, cioè di bourée) è seguita da una double, movimento nel quale le variazioni sono però di carattere ritmico e non melodico. Anche la Sonata n. 2 – simile alla prima dopo un Grave nello stile della fantasia prevede una Fuga dal profilo ritmico particolarmente incisivo, cui succede un Andante caratterizzato da un ritmo insistente, mentre l’Allegro finale è caratterizzato da simmetrici effetti d’eco. L’emblema della Partita n. 2 è la monumentale Ciaccona, brano (in origine una danza spagnola) nel quale il solista può fornire libero sfoggio della sua bravura tecnica. Questa è peraltro preceduta un’Allemanda dagli accenti profondi, da una leggera Corrente, da una pensosa Sarabanda e da una brillante Giga. I mondi sembrano separarsi ulteriormente nell’ultima coppia di brani. La Sonata n. 3 è la più austera delle tre con il suo Grave, la monumentale Fuga, la cantilena del Largo e l’Allegro assai tanto simmetrico. La Partita n. 3 è invece la composizione più solare. A partire dal primo Allegro, un moto perpetuo, che in due punti sembra diventare polifonico per l’abilissima scrittura a tre corde. Seguono sette movimenti di danza tra cui la splendida Loure, una vivacissima Gavotta “en rondeau”, due Minuetti dai caratteri contrastanti, una Bourée dall’estrosa ispirazione ritmica e una Giga melodicamente esuberante.

Carlo Bellora