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Originale o in trascrizione? PDF Stampa E-mail

Imprevedibile e bizzarro, un quintetto di ottoni. Altri strumenti richiedono un’atmosfera solenne e rituale; qui si viaggia in libertà. Agli ottoni si è guardato a lungo con sufficienza. Venivano considerati adatti a ritrovi festosi all’aria aperta, a parate e pubbliche riunioni. E a poco altro. La contropartita, però, è stata di poter sperimentare con leggerezza, senza troppi vincoli nei confronti della tradizione.
Nel Rinascimento la musica per fiati raramente aveva un linguaggio idiomatico. Era soggetta alle contingenze, ai capricci del caso, alle disponibilità del momento. Visto che le partiture indicavano il numero ma non il tipo di strumenti da usare, adattamenti e trascrizioni erano all’ordine del giorno. Del resto il termine cinquecentesco di canzona, molto frequente in ambito strumentale, rimanda al genere della chanson vocale francese. I lavori strumentali del veneziano Giovanni Gabrieli, però, appartengono alla fase in cui la canzona si è ormai liberata da questa sudditanza. Sono per lo più composizioni originali, destinate alle sfarzose cerimonie della Basilica di San Marco. La canzona detta La spiritata, del 1608, presenta la consueta articolazione in brevi sezioni, ciascuna con un tema diverso, trattato per lo più contrappuntisticamente. Proprio la presenza di un elaborato gioco imitativo avvicina le canzoni di Gabrieli alla forma contrappuntistica del ricercare, da cui si distinguono per un carattere più brillante.
Il ritmo puntato, che è una delle caratteristiche della canzona, è presente anche nella Battaglia di Samuel Scheidt, percorsa da continui richiami di fanfare: qui abbiamo una scrittura idiomatica, particolarmente adatta a degli ottoni, per quanto pagine di questo genere fossero eseguite anche da ensemble di archi.
Altro è il caso delle sonate per clavicembalo di Scarlatti, che nella trascrizione per ottoni vengono di fatto ricreate. Molto moderna è l’instabilità armonica della Sonata in mi minore K 394, dove spicca una cadenza “chitarristica” posta a cerniera tra la prima e la seconda sezione. L’Arte della fuga di Johann Sebastian Bach offre, di contro, un esempio di scrittura scarsamente idiomatica, che rende praticabili esecuzioni su strumenti anche molto diversi dal clavicembalo, al quale è destinata. Il Contrappunto n. 9 è una doppia fuga (ma nella raccolta ci sono anche triple fughe e perfino una fuga quadrupla!), dove si apprezza la straordinaria maestria contrappuntistica di Bach.
Di Händel, nato curiosamente nello stesso anno di Bach e di Scarlatti, il 1685, è in programma una trascrizione della celebre melodia variata per clavicembalo Il fabbro armonioso. Sono trascrizioni anche le pagine di Grieg, Mendelssohn, Elgar e Albeniz, il quale con España (1897) rivive il folklore spagnolo come in un sogno, senza citare direttamente materiali popolari.
Originale per ottoni, invece, è il Quintetto n. 3 del russo Victor Ewald, uno dei più interessanti compositori per questo organico a cavallo tra Otto e Novecento. Le opere di Ewald, che resta fedele alla tradizione austro-tedesca senza porsi troppi problemi di linguaggio, sono fresche e piacevoli: lo rivela anche questo agile Quintetto, pregevole soprattutto per la qualità dell’invenzione melodica.

Luca Segalla