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Parigi – New York PDF Stampa E-mail

Edonismo, culto estenuato della bellezza e gioco di corrispondenze nascoste: qualità che, in un clima fortemente antiromantico si insinuano in Le Tombeau de Couperin: sei episodi originali – nella versione per pianoforte, intrapresa negli anni 1914-17 (dopo che l’autore aveva prestato servizio al fronte, come carrista volontario) – ridotti a quattro, in diversa successione, nella partitura per il Balletto Svedese di Rolf de Maré. Il debutto di questa versione (Théâtre des Champs-Elysées, 1920) precedette di pochi mesi il passaggio definitivo per i Concerts Pasdeloup. La Grande Guerra aveva sconvolto dal profondo il luccicante benessere della Belle époque, mettendo in crisi l’internazionalismo delle avanguardie: come d’incanto scambi culturali, luoghi d’incontro e cenacoli artistici erano svaniti nel nulla. Quella per orchestra resta una mini-collezione di epitaffi, in memoria degli amici caduti in battaglia. Manca delle due pagine per tastiera – la Fugue alla Couperin e la Toccata di abbacinante virtuosismo – ma si compatta sul nucleo di quattro episodi, in fluida successione: un Prélude generoso di ornamentazioni, la Forlane infusa di asimmetrie, il Menuet abbinato ad una malinconica Musette e lo scintillante Rigaudon. Vi domina un’idea di Settecento galante e stilizzato, oasi di serenità contrapposta agli orrori della guerra, in cui la spoliazione linguistica anticipa la vena neoclassica. Un contributo d’eccezione sui rapporti fra Parigi e New York si cristallizza nel gershwiniano An American in Paris, poema sinfonico senza programma che rielabora il mito della metropoli moderna. Completato nel 1928 all’Hotel Bristol di Vienna, il brano era stato influenzato dai ricordi di Parigi, raccolti durante un soggiorno di lavoro. Un paio di souvenirs procurati in tale occasione, l’opera omnia di Debussy e 4 trombe di taxi parigini (così diversi dai clacson americani) confluirono in questa partitura battezzata a New York nello stesso anno. Il critico Deems Taylor approntò un profilo minuzioso, autorizzato da Gershwin. Ne risulta un singolare itinerario geo-musicale che scorre fra melodie che sorridono e ritmi incalzanti. La passeggiata inizia nei quartieri caotici (rumori di trombe d’automobile), passa davanti ad un café (trombone su un motivo da music-hall) e approda al Grand Palais (corno inglese), prima di immergersi nella Rive Gauche; qui il turista viene avvicinato da un compatriota (breve recitativo del violino) che lo riporta all’atmosfera di casa fra ritmi di charleston, blues e allusioni al jazz (tromba con sordina). Il tutto prima che la passeggiata ricominci sul tema d’esordio e chiuda in una festosa sarabanda.

 

Luigi Di Fronzo