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Siete qui: Home Festival Festival 2010 Legittimare il quartetto: una storia russa
Legittimare il quartetto: una storia russa PDF Stampa E-mail
Il timore di compromettersi con la musica tedesca potrebbe aver indotto i compositori russi a limitare l’interesse verso la forma «sacra» del quartetto d’archi. In effetti, fatto salvo il caso di Šostakovič, che di quartetti (e che quartetti!) ne scrisse ben quindici, in quest’area geografica i capolavori del genere non sono, poi, così numerosi. Alexandr Porfir’evič Borodin e Pëter Il’ič Čajkovskij seppero guadagnarsi i galloni sul campo. Diverso fu il caso di Igor Stravinskij il cui rapporto con il medium quartettistico si risolse fugacemente. Il Concertino fu licenziato nel 1920 in risposta ad una commissione del Quartetto Flonzaley, storico complesso fondato a New York nel 1902 già dedicatario dei Tre Pezzi per quartetto d’archi. È una gemma preziosa, un distillato di limpidezza graffiante sulla via del neoclassicismo, sostanzialmente tripartito (stuzzicanti gli equilibrismi armonico-coloristici della sezione mediana) con Coda che si dilegua in modo impercettibile; eppure Stravinskij, evidentemente non pago del risultato, pensò di arrangiarlo, trent’anni più tardi, per ensemble allargato ai prediletti fiati.
Čajkovskij con il Quartetto n. 1 in re maggiore compose, nel 1871, il primo quartetto russo a essersi guadagnato un posto stabile in repertorio. È un lavoro che guarda a modelli mitteleuropei (Schubert e Mendelssohn, in particolare, occhieggiano qua e là), ma il trattamento del materiale è già autenticamente čajkovskijano con quel suo librarsi lieve, leggero, in una girandola emozionale che avvince. È vero, manca il fatalismo cupo e disperato che diverrà quasi un marchio di fabbrica del compositore russo, ma il lirismo genuino che pervade queste pagine riesce sempre a toccare nel profondo. Lasciatevi cullare, ad esempio, dall’antica melodia ucraina, metricamente irregolare, che viene enunciata dal violino I nell’Andante cantabile e che rappresenta la spina dorsale dell’intero quartetto (in forma variata si svela ciclicamente anche negli altri tre movimenti): commosse anche l’irascibile Lev Tolstoj!

La ricerca di equilibrio tra nazionalismo e occidentalismo è presente ugualmente nel Quartetto n. 1 in la maggiore di Borodin composto tra il 1875 e il 1879. È addirittura Beethoven a fornire il materiale per il primo tema dell’Allegro iniziale, ma l’evidente citazione dal Finale del Quartetto op. 130 esibisce qui contorni squisitamente autoctoni. Assaporiamo, rapiti, i delicati cromatismi che innervano il secondo tema del primo movimento, mentre non è vietato intenerirsi nel Trio dello Scherzo di fronte all’impagabile cantilena dei suoni armonici a mo’ di iridescente carillon.

 

Massimo Viazzo