Skip to content
Siete qui: Home Festival Festival 2010 Il matrimonio segreto o il segreto di un successo
Il matrimonio segreto o il segreto di un successo PDF Stampa E-mail
Fu il bis più lungo della storia dell’opera. Quel 7 febbraio 1792, al Burgtheater di Vienna, Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa, libretto di Giovanni Bertati, tanto piacque al sacro e romano Imperatore Leopoldo II che il cesare tedesco invitò a cena tutti gli interpreti e, rifocillatili, ordinò che l’opera venisse interamente ripetuta. A Mozart, che era morto solo pochi mesi prima, non era mai capitato nulla del genere. Certo, si potrebbe metterlo in conto alla congenita sordità di una città, Vienna, che passa per capitale della musica ma dove tutti i genii della musica sono sempre stati trattati malissimo.
Ma, in realtà, il successo di Cimarosa allora fa capire quello di Mozart oggi. Troppo sulfuree, eroticamente intense, socialmente pericolose, moralmente discutibili erano le tre opere della “trilogia” dapontiana (Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte), del resto volute e usate dal fratello e predecessore di Leopoldo, Giuseppe II, per la sua ambigua e alla fine fallimentare politica di riforme, anche culturali. Cimarosa, con quello che è da sempre considerato il suo capolavoro e, non a caso, è l’unica sua opera rimasta costantemente in repertorio fino ai nostri giorni, era molto più rassicurante, rispettoso delle regole, borghesemente bonario. Fin dalla storia, il solito matrimonio segreto fra tenore e soprano giovani, belli e spiantati, del principale di lui ovviamente basso buffo con pretese da nouveau riche, della sorella di lei che pure si deve maritare, con l’aggiunta di un “milordo” inglese di passaggio a Bologna (l’opera si svolge lì, una città cordiale, godereccia, poco introspettiva come quest’opera) e di una vecchia zia. Una vicenda destinata in partenza al più scontato degli happy end e condita con una musica amabile, efficace, morbida, spesso deliziosa, sempre scorrevolissima e dominata da quell’affettuosità cantabile che era il marchio di fabbrica della scuola napoletana. “Prima che spunti in ciel l’aurora”, l’aria di Paolino, è già pronta per entrare nella hit parade delle seduzioni tenorili, dove infatti è sempre rimasta.

Non stupisce allora che Cimarosa piacesse più di Mozart, che solo pochi mesi prima, con La clemenza di Tito, aveva composto l’ultimo vertiginoso ma “difficile” capolavoro destinato proprio a quel Leopoldo appena cinto di una delle sue tante corone, quella di Re di Boemia. Cimarosa, e con lui ma meno di lui (Paisiello a parte) tutti i suoi colleghi commessi viaggiatori per l’Europa dei Lumi dell’opera buffa italiana, erano decisamente più tranquilli, sereni, “facili”. E tanto piacevoli che, due secoli abbondanti dopo, continuiamo a farcene sedurre con immutato piacere.

Alberto Mattioli