Nel recital gli “amori” di un interprete Stampa

di Monica Rosolen

Il recital, il momento squisitamente musicale. Senza orchestra, scene, né costumi. È l’occasione per proporre il repertorio cameristico, o personaggi che non si è soliti portare sulla scena, oppure ancora la musica nazionale con cui fuori dal paese d’origine spesso non si ha confidenza.
Le scelte della Larmore sono un mettersi alla prova, affrontare nella medesima serata tanti stili diversi, che richiedono altrettante soluzioni, significa adottare di volta in volta un atteggiamento che può essere l’opposto del precedente e perfino moderare lo sfoggio della voce impostata per adeguarsi a contesti non operistici.
La mélodie per canto e pianoforte fiorita nel secondo Ottocento è un genere non più sentimentale, salottiero, ma si avvicina ai Lieder di Mahler; il ritmo cadenzato, l’intensa poeticità, le ampie volute sonore, il carattere romantico di queste pagine richiedono un canto intenso, lirico, ed eleganza indispensabile al giro melodico francese. È un repertorio che vuole sempre che i protagonisti siano due, cantante e strumento, e che rivolge grande attenzione alle risonanze e corrispondenze fra parola e musica, e gli artisti lirici oggi si intrattengono con pensiero e parola anziché solamente con suono e musica, così non vanno dispersi né suoni né emozioni.
La “piccola lirica” in lingua spagnola, anche di area geografica sudamericana, con suoi argomenti sentimentali, l’amore espresso con soavità, la malinconia e la nostalgia ad esso connesse nel sentire iberico, nel canto cerca passione, inflessioni languide, mezzevoci dal pallore sublime atto a trasfigurare il carattere effimero della felicità, moderazione del vibrato; sono inopportuni impeto e veemenze convenzionali, idonei invece crepuscolarismo, fierezza e inflessioni tenaci e mitiche.
Nel teatro le voci “importanti” dei cantanti lirici si esprimono appieno, possono spiegarsi in tutta la loro esuberanza e drammaticità; la vocalità generosa ed espansa, il canto ampio, la dizione incisiva e gli accenti vigorosi trovano la giusta collocazione.
Carmen
, elegante trasfigurazione del linguaggio parlato, è ben diversa dalla deformazione della scorretta prassi esecutiva verista, richiede pulitura stilistica senza ricorrere a inflessioni violente e volgari.
Complesse emotivamente, l’Aria e la Canzonetta di Cherubino sono volte a ritrarre un personaggio straordinario, alle prese con i primi innocenti e inconsci turbamenti amorosi dell’adolescenza; dolce tortura e mancanza di direzione, nulla corrisponde meglio a questa irrequietezza delle emozioni sentimentali della natura musicale che è anch’essa movimento. La voce di donna per un paggio ben allude all’intima contraddizione propria di questo stadio.
Agli interpreti contemporanei per quanto riguarda Rossini sta a cuore tentare di ricostruire la sonorità di quell’epoca; per realizzare ciò sono di importanza fondamentale il tipo di voce e il modo in cui essa viene controllata, nonché l’esame accurato del testo originale. Per un mezzosoprano il riferimento è Maria Malibran, timbro straordinario, vellutato, scuro e pastoso, colore uniforme lungo l’intera estensione, tessitura estesissima, flessibilità fuori dalla norma, perfetta padronanza della tecnica di respirazione che le permettevano di affrontare funamboliche coloriture virtuosistiche e vistosi salti.