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Siete qui: Home Festival Festival 2009 Il cancan ballato dalle tartarughe
Il cancan ballato dalle tartarughe PDF Stampa E-mail

di Luca Segalla


Proprio così. Nel Carnevale degli animali di Saint-Saëns le tartarughe si muovono sul tema del cancan dell’Orphée aux enfers di Offenbach. Naturalmente ad un ritmo... di tartaruga. L’effetto è decisamente grottesco. Un effetto al quadrato, perché già in Offenbach il cancan delle ombre infernali rappresentava un elemento straniante.
Divertimenti privati. Questa galleria musical-zoologica del 1866, infatti, era riservata a pochi intimi, anche se in seguito il compositore cedette alle insistenze di Anna Pavlova, concedendole il permesso di danzare sulla melodia del Cigno. Nulla di strano. Oggi l’esperienza dell’ascolto avviene nella dimensione artificiale della sala da concerto, un luogo fisicamente e simbolicamente separato dalla realtà quotidiana. Il silenzio ed il buio in cui siedono gli ascoltatori per assaporare le essenze sonore di quanto viene eseguito sul palcoscenico trasformano l’ascolto in un’esperienza rituale. Eppure risalendo il corso della storia è facile accorgersi che la musica strumentale, prima dell’invenzione del concerto pubblico a pagamento, intorno al 1730, e della sua capillare diffusione nel corso dell’Ottocento borghese, era quasi sempre musica funzionale, pensata per un preciso contesto quotidiano, pubblico o privato che fosse.
Un esempio sono le due scintillanti suites della Musica sull’acqua, composte da Händel nel luglio del 1717 per allietare una crociera sul Tamigi del re d’Inghilterra Giorgio I, il quale restò così deliziato da richiederne una replica immediata. Musica fastosa (celeberrimo è il movimento Alla hornpipe), tra il trionfo delle sonorità squillanti degli ottoni ed i frequenti ritmi puntati, quasi a sottolineare il movimento lungo il Tamigi della crociera regale.
Erano funzionali le scintillanti pagine strumentali composte da Giovanni Gabrieli per le cerimonie religiose e civili della Basilica di San Marco, nella Venezia tardorinascimentale, un’esibizione di fasto sonoro che confermava la solidità delle istituzioni della Serenissima. E lo stesso vale per le marce ed i valzer fornite dalla dinastia degli Strauss al bel mondo viennese nel corso di tutto l’Ottocento, come l’Amor Marsch di Johann Strauss padre.
Altra è l’estetica del Contrapunctus IX dall’Arte della fuga di Bach, opera tutta votata alle sperimentazioni contrappuntistiche, ed altra ancora quella del Quintetto n. 2 op. 6 del compositore russo (nacque a S. Pietroburgo nel 1860) Victor Ewald. Diviso tra la carriera di ingegnere, quella di compositore e gli studi di etnomusicologia, Ewald ha lasciato diversi quintetti per archi e per fiati, in realtà inseriti nel solco della tradizione romantica occidentale più che di quella slava, come dimostra in particolare il secondo movimento del Quintetto op. 6, un tema con variazioni dal chiaro sapore brahmsiano.