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Effetti e stravaganze - presentazione PDF Stampa E-mail

di Sandro Boccardi

Intrade, canzoni galliarde, capricci… Tutto un festoso incedere di cornetti e tromboni come si addice a una solennità religiosa e/o civile in onore di santi o di dogi veneziani (si pensi al grande Vespro della Beata Vergine di Monteverdi la cui Toccata iniziale, espunta dall’Orfeo è, precisamente, una Entrata).
Lontani parenti dei pifferi e delle bombarde ducali che nel ’400 annunciavano l’arrivo di ambascerie, i più moderni cornetti e tromboni – a partire dalla fine del XVI secolo – salgono di ruolo e di importanza; anzi salgono letteralmente le cantorie delle chiese e i balconi dei palazzi per celebrare come si conviene ogni avvenimento importante. Furono i perfezionamenti tecnici di costruzione a consentire il salto qualitativo dei nuovi strumenti a fiato e il loro impiego in quei concerti palatini di tradizione bolognese (da cui il nome del nostro ensemble) che stupivano cittadini e forestieri con esecuzione giornaliere in ore determinate: “suonati alla ringhiera” di un palazzo comunale, o dal loggiato prospiciente la piazza principale. Ce ne resta una testimonianza iconografica nei carillon meccanici posti in cima  alle chiese e alle torri in Italia (la torre dei Mori a Venezia) ma soprattutto in Germania.
Qualità esecutive, si diceva. Teofilo Folengo nel suo poema l’Orlandino (1526) ci descrive la bravura di un suonatore di cornetto, di nome Zuan Maria,  «lo qual (come si dice) sì ha mangiato / le lingue d’ogni augello e l’armonia» da farci pensare che altri non possa suonare meglio di lui.
Meglio del Concerto Palatino di Bruce Dickey? Direi di no, perché la lunga pratica strumentale dei suoi componenti ha recuperato finezze e arditezze imprevedibili solo una trentina di anni fa.
Ora, il programma che il gruppo presenta è diviso in due parti: autori italiani e autori stranieri. Brani scritti espressamente per un complesso di strumenti “palatini” o che bene si adattano ad essi data la libertà rinascimentale e barocca di usare «ogni sorta d’instrumenti». Diamo una brevissima scheda per autore.
Alessandro Orologio (Aurava, Pordenone 1555 circa – Vienna 1633), il suo nome deriva dal padre incaricato della manutenzione degli orologi cittadini. Sonatore di cornetto, poi vicemaestro della cappella  imperiale di Praga, ha pubblicato tre raccolte di Canzonette (il primo nel 1593) e Intrade a Cinque Voci (1597).
Ottavio Bargnani (1570ca–1640ca), musicista che, in mancanza di notizie attendibili, possiamo includere nella scuola lombardo veneta, è autore di Canzoni a cinque: quella intitolata sopra la Monica si riferisce a un motivo popolare – il lamento di una donna costretta a monacarsi – molto diffuso all’epoca (lo trattò con somma perizia anche Girolamo Frescobaldi).
L’uso di tromboni e cornetti è espressamente attestato nei Concerti eccelsiastici (1610) del milanese Giovanni Paolo Cima (1570ca – dopo il 1622). Se nella musica sacra composta per Santa Maria presso San Celso a Milano egli segue la tradizione ecclesiastica, più innovativa e interessante è la ricerca del colore strumentale delle Sonate.
Ludovico da Viadana (1560ca–1627), frate francescano e musicista, fu maestro di coro alla Cattedrale di Mantova; lavorò poi con incarichi religiosi e musicali in diverse città (Roma, Fano, Bologna, Ferrara, Piacenza, Busseto). È considerato inventore della tecnica del basso continuo che è alla base della musica barocca, come si evince dalla sua opera fondamentale: Cento concerti con il basso continuo (Venezia 1602).
Giovanni Valentini (Venezia 1582/83 – Vienna 1649), organista e compositore, allievo di Giovanni Gabrieli, ebbe incarichi musicali alla corte di Polonia, indi a Graz e a Vienna. È autore di brani di musica sacra concepiti nello stile policorale veneziano (cioè con la disposizione di gruppi di voci o strumenti posti a distanza gli uni dagli altri per effetti di eco).
Quasi inesistenti le notizie che riguardano Giuseppe Scarani (XVII–XVIII sec.) ma la composizione in programma documenta benissimo quel genere strumentale che si sviluppa all’inizio del Seicento con la trascrizione (intavolatura) di musica vocale.
Gioseffo Guami (Lucca 1540-1612), «eccellente compositore, & soavissimo suonatore di organo», come lo definisce un documento lucchese, fu allievo di Willaert e maestro di Adiano Banchieri. Respirò l’aria veneziana e la trasmise ad altri (a Lucca, Bologna, Genova e Monaco), pubblicando diverse opere di musica sacra e strumentale.

Per la seconda parte del concerto è il caso di richiamare forme e generi che rimandano all’Italia. Sono tipiche forme italiane il Capriccio, la Paduana (danza lenta) e, in genere, la elaborazione di motivi popolari come la celebre Bergamasca (di frescobaldiana memoria: dai Fiori Musicali).
Johann Schop (Germania del Nord ? – XVII secolo), violinista e compositore, ha pubblicato diverse opere presso stampatori di  Amsterdam. Si caratterizza per uno stile estroso e vivace.
Johann Sommer (ca.1570-1627), nella storia della musica, è quasi un carneade. Il suo brano su Susanne un jour sembrerebbe condotto sulle tracce di Giovanni Bassano, attraverso la chanson francese di Orlando di Lasso (ca1532-1594), utilizzata da diversi musicisti oltre che dal Bassano.
John Dowland, irlandese (1563 -1626), è il famoso liutista e autore di canzoni malinconiche: Un antico cantautore, si direbbe (celebri le Lacrimae, Pavan, ecc.), attivo alla corte di Dublino e di Londra. Nel programma è però rappresentato da una Gagliarda, danza rinascimentale di origine italiana costituita da passi saltellati seguiti da un balzo.
L’inglese William Brade (1560-1630) e l’olandese Jan P. Sweelinck, celebre organista e compositore (1562-1621) che secondo il Mattheson aveva visitato Venezia, si dividono in locandina due brani strumentali eseguibili, secondo i dettami dell’epoca, per ogni sorta di strumenti: dalla tastiera dell’organo o del cembalo, gli archi o agli strumenti a fiato.
Lo stesso criterio vale anche per Christoph Strauss, il cui brano Eripe me Domine à 5 è la versione strumentale del mottetto omonimo; per Johann Steffens (Lüneburg, Germania del Nord 1560-1616) autore del dittico Paduana e Gagliarda; e infine per Samuel Scheidt (1587-1654) di Halle, la città che diede i natali anche a Händel, è un compositore meno influenzato dagli apporti italiani, anche se la Canzon Bergamasca à 5 è la dimostrazione palese di come certi motivi popolari, certe danze passassero impunemente, senza dazio, le barriere nazionali. Con lui il concerto si chiude circolarmente.
Vale la pena di raccomandare a chi ascolta, di fare attenzione al ritmo e alle misure. E, se posso dire, di danzare mentalmente insieme a cornetti e tromboni.