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Quelle piccole, grandi 'Nozze' che sfidano l'anno di Mozart PDF Print E-mail

Testata: Il Giorno

Del: 24/8/05

 

Senza trucchi e senza inganni, il teatro non muore. Si è sempre detto il contrario, ma basta intendersi su trucco e inganno. Alle Settimane Musicali di Stresa, senza palcoscenico, senza scena, senza costumi, si sono viste e ascoltate (lunedì) certe 'Nozze di Figaro' che grondavano teatro come in teatri veri, grandi e piccoli, da anni non se ne assaggia. Evidentemente non sono le assi del palcoscenico, non i fondalini rococò, le prospettive palladiane, le parrucche incipriate, le calze bianche e le coulottes a 'fare Mozart'. Il teatro è nelle vene di chi lo fa, e a Stresa, per una fortunata ma non casuale congiunzione di astri, si è assortita una compagnia di animali da palcoscenico che regia-scene-costumi sono capaci di inventarseli.
... Cast da grande teatro, a scelta in Europa. E da ovazioni, per cominciare, il Conte di Peter Mattei, basso svedese di bellezza e forza vocali abbaglianti (con dizione senza peccato, tranne qualche 's' dura) e il Figaro di Nicola Ulivieri, cantattore non meno strepitoso, come sempre. Cherubino può coltivare i suoi tormenti senza sopranismi opachi e lamentosi, e a ricordarlo ci ha pensato Laura Polverelli. Marcella Orsatti Talamanca è una Contessa di estremo riguardo. Francesca Pedaci (Marcellina), Antonio Abete (Don Bartolo), Bruno Lazzaretti (Basilio/Curzio) cantano e recitano spianando ogni gradino fra le prime parti e quelle di 'contorno'. Perfino di Antonio, il giardiniere che tanti teatri buttano lì, Gianluca Ricci è riuscito a fare un personaggio comico, non una misera macchietta. Ma quasi toccante si è rivelato il debutto di Alessandra Marianelli (classe 1986) nella parte di Susanna: voce un po' piccola ma purissima, fraseggio limpido, espressività delicata. Farà carriera.
Noseda ha calibrato l'Orchestra giovane delle Settimane per fare di Mozart una lettura svelta, sinuosa e imprevedibile come l'opera è. Al canto disteso e 'sulla parola', all'italiana (Mattei compreso), ha legato un fraseggio lievemente 'nordico' dello strumentale (note corte, voci interne in evidenza, tempi stretti), in sintesi felice.
Con gli occhi di Borges, si poteva pensare di essere alla Scala di un tempo perduto o in un teatro del pensiero. Era 'solo' Stresa, che dava lezioni ai grandi e ai presuntuosi.

Carlo Maria Cella