Testata: Il Corriere della Sera
Del:
27/8/05
La prima lode va conferita a Gianandrea Noseda, che dirige Le nozze di Figaro
in maniera esemplare. I tempi sono rapidi, spigliati, sempre in stretta relazione
drammatica l'un con l'altro; i fraseggi chiari, i recitativi curati in ogni
singolo accento, i colori profilati e appropriati.
La seconda lode a un cast riuscito, perché Marcella Orsatti Talamanca (Contessa)
e Laura Polverelli (Cherubino), oltre ai comprimari Abete, Catrani, Lazzaretti
e Ricci, affrontano la parte con disinvoltura, mentre Nicola Ulivieri (Figaro)
e Peter Mattei (Conte) si confermano fuoriclasse non solo per l'oggettiva qualità
dei mezzi vocali ma anche per la naturalezza e lo spirito con cui danno vita
ai loro personaggi.
La terza a chi ha scoperto e guidato al debutto Alessandra Marianelli, una ragazzina.
Bel timbro, intonazione, fraseggi squisiti: nulla manca aquesta Susannetta dalla
personalità così profilata. E che candore, che incanto quando intona 'Deh vieni',
creando uno di quei momenti di rapimento in cui tutta la platea diventa una
cosa sola con la musica.
Ma il vero valore aggiunto di questa edizione del Figaro mozartiano andato
in scena a Stresa è lo spirito, la complicità, l'intesa creatasi tra gli interpreti,
direttore, cantanti e giovani professori dell'Orchestra delle Settimane Musicali.
E' un'edizione in forma semiscenica, né potrebbe darsi altra possibilità negli
spazi del Palazzo dei Congressi, privi di buca per l'orchestra. Eppure c'è più
regia che in tanti altri Figaro del passato.
Il poco spazio viene sfruttato in ogni modo, utilizzando quando occorre anche
la platea. I cantanti sono vestiti da sera, ma bastano un cappellino, un ventaglio
o un mazzolino di fiori per raccontare le avventure della 'folle giornata'.
E la prossimità tra palcoscenico e platea aiuta a cogliere le mille espressioni
- ironia, commozione, sarcasmo, seduzione, ira, malinconia c'è proprio tutto
in quest'opera che non è piena di vita, ma 'è' la vita - di una recitazione
fresca, spigliata, che non fa perdere una sillaba del testo di Da Ponte e ne
manifesta il significato con pochi gesti semplici, divertiti, soprattutto leggeri.
Una regia senza registi, concordata tra gli stessi interpreti. Che, forse, proprio
per questo hanno dato quel qualcosa in più che ha reso memorabile la serata.
Enrico Girardi
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